14 Mar A tu per tu con… mister PAOLO ZANON
“A TU PER TU CON…” è un nuovo spazio di approfondimento a 360° con i protagonisti della nostra squadra!
Sogni, ricordi, aneddoti e curiosità per conoscere meglio chi, ogni domenica, ci fa tifare sempre più forte per la VIRTUS ROMANO!
Questa settimana la “RAFFICA DI DOMANDE” tocca al nostro mister PAOLO ZANON!
Quando e dove sei nato? 26/11/1971 a Bassano del Grappa
Come è nata la tua passione per il calcio? Al di là che la mia è una famiglia di appassionati di calcio, potrei dire che tutto è nato quando avevo 6/7 anni, forse prima, per strada, davanti al cancello di casa o nei vari campetti del paese, a giocare dalla mattina alla sera con tutti i miei amici.
Qual è la partita che ricordi con più affetto e perché? Torno indietro un po’ negli anni e ti dico la vittoria del campionato dell’Eccellenza quando ero all’Eurocalcio: il prepartita, la tensione, lo sfogo finale quando siamo riusciti a portarci a casa questo benedetto titolo. Sono tutte emozioni fortissime, quindi è una partita che ricordo con affetto. E poi quella dell’esordio in prima squadra, quando avevo 16 anni. L’esordio penso non si scordi mai.
Un momento che ricordi con particolare affetto legato a te ed ai ragazzi che alleni? Ce ne sono tanti, fatico a dirtene uno in particolare.
Se potessi rigiocare una partita, quale sarebbe e perché? La partita che rigiocherei è quella di quest’anno contro il San Pietro Rosà. È stata una partita che secondo me poteva darci lo slancio per raggiungere i playoff, anche discretamente bene. Invece ci è mancato un pizzico di cattiveria per portarla a casa ed affrontare di conseguenza diversamente tutte le altre partite. Detto questo, tanti complimenti al San Pietro, che l’ha affrontata nel modo giusto, al nostro pari, ma ha avuto un pochino di fortuna in più. Noi non l’abbiamo sbagliata, ma ci è mancato quel qualcosa in più, che ci avrebbe permesso di fare quello scatto. Perderla, secondo me, ci ha affossato a livello di testa.
Come è cominciata la tua carriera da allenatore? Mi è arrivata qualche offerta ancora quando ero giocatore, ma sinceramente era l’ultima cosa che avrei pensato di fare. Poi ho avuto un infortunio che ha bloccato la mia carriera, che comunque era ormai alla fine, avevo 37 anni. È stato qui che ho iniziato a valutare l’idea di restare nell’ambiente. Mi è arrivata la proposta di allenare una squadra giovanile sia qui a Romano, dal direttore attuale, sia all’Eurocalcio, società con cui avevo sempre giocato. Ho scelto l’Eurocalcio, perché ero con loro da dieci anni. E sono partito.
Quali sono i tuoi primissimi ricordi legati al calcio? Finita la scuola, poggiavi la cartella, mangiavi un boccone al volo e fuori tutti quanti in strada a giocare calcio finché non si faceva buio. È il ricordo che ho più vivo.
A tuo avviso, qual è il peggior difetto che può avere un allenatore? Fare paragoni tra il suo passato calcistico e quello dei suoi ragazzi. Secondo me un allenatore non deve mai paragonare a livello tecnico/tattico il calcio che ha vissuto lui con quello dei suoi giocatori. Per me è un grandissimo errore, può andare a sminuire i valori dei ragazzi che sta allenando. Può prendere spunto dal suo vissuto, ma non paragonarsi a loro, specialmente se ha fatto categoria magari più alte. Il calcio è completamente cambiato i paragoni non stanno in piedi, oltre che non fare bene.
E il pregio? Riuscire ad abbinare il discorso tecnico, tattico e comportamentale a quello umano.
Qual è la scelta che rifaresti e quella che non rifaresti in ambito calcistico? Scelte azzeccate ne ho fatte tante, grazie anche ad un po’ di fortuna. Credo di aver sbagliato solo una scelta nella mia carriera, quando mi sono trovato ad un bivio ed avevo l’opportunità di stare in una categoria importante, la vecchia interregionale, l’attuale serie D. Ho scelto di non farla, sbagliando, avevo forse paura di non giocare, non lo so, sta di fatto che non mi sono buttato ed è stato un grosso errore. Ho perso un treno.
Ricordi il complimento più bello che hai ricevuto in ambito calcistico? Risale a quando ero ancora giocatore. Ero a fine carriera, non ricordo di preciso quanti anni avessi, credo 34/35. Eravamo a giocare a Castelfranco, una squadra quotatissima, che stava vincendo il campionato quell’anno. Dopo aver perso la partita, nel tunnel degli spogliatoio mi si avvicinò il mister della squadra avversaria e mi disse: “Difficilmente verranno altri giocatori e uomini come te”. È un complimento che mi è rimasto dentro.
Come ti vedi fra 10 anni e dove? Non lo so, la passione per il calcio è fortissima, ma nel periodo in cui sono stato fermo forzatamente, per motivi di lavoro e personali, non ti nascondo che ho scoperto anche tanto altro, oltre al calcio. Quindi non saprei rispondere, ma posso dire che quello di cui sono certo è che nel momento in cui non avrò più lo stimolo e lo spirito giusto per farlo al meglio, sicuramente lascerò.